RICC. NN. 189 E 682/98 R.G.R. N.896/2001REG. SENT.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia nelle persone dei magistrati:

Vincenzo Sammarco – Presidente

Enzo Di Sciascio – Consigliere, relatore

Vincenzo Farina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

s e n t e n z a


sui ricorsi n. 189/98 e n. 682/98 proposti dall’Associazione dei Testimoni di Geova di Sacile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Raffaella Rampazzo e Antonella Rühr, con domicilio eletto presso la seconda in Trieste, via Coroneo 5, come da mandati in calce ai ricorsi;

c o n t r o

il Comune di Fontanafredda, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Anna D’Agostino e Elena Predonzani, con domicilio eletto presso la seconda in Trieste, via Coroneo 4, come da deliberazioni giuntali n. 166 del 1.4.1998 e n. 559 del 12.11.1998 e da mandati a margine degli atti di costituzione;

per l'annullamento

con il ricorso n. 189/98 del provvedimento sindacale di salvaguardia prot. n. P.E. n. 97/104 del 18.12.1997, con cui si sospende, a’sensi dell’art. 35 della L.R. 19.11.1991 n. 52 e s.m.i., il rilascio della concessione edilizia per un edificio di culto, chiesto dalla ricorrente, in quanto in contrasto con una variante in itinere, nonché della deliberazione consiliare n. 87 del 27.9.1997 di adozione della variante n. 7 al P.R.G.C., che ha modificato l’art. 8 delle NN. TT. AA.;

con il ricorso n. 682/98 della deliberazione consiliare n. 36 del 28.5.1998 di approvazione della predetta variante n. 7 al P.R.G.C. e della presupposta deliberazione consiliare di adozione;


Visti i ricorsi, ritualmente notificati e depositati presso la Segreteria generale con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 20 dicembre 2001 la relazione del consigliere Enzo Di Sciascio ed uditi altresì i procuratori delle parti costituite;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


F A T T O


Con il ricorso n. 189/98 l’associazione ricorrente, proprietaria di un terreno con destinazione ad edifici pubblici e di interesse pubblico, espone di aver presentato, in data 10.3.1997, domanda di concessione edilizia per l’edificazione di un edificio di culto, su cui è intervenuto, il successivo 30.6, il parere favorevole della Commissione edilizia, con richiesta di dar prova della proprietà dell’immobile, e quindi, dopo che tale prova è stata fornita ed è stata notificata all’amministrazione una diffida a provvedere, è inopinatamente sopravvenuto il provvedimento di salvaguardia impugnato, per contrasto con la variante nel frattempo adottata, pur essa oggetto di gravame.

Si chiede l’annullamento degli atti impugnati che sarebbero viziati per:

1) Eccesso di potere per sviamento.

L’amministrazione avrebbe volutamente rallentato l’iter per l’esame della domanda di concessione, onde poter nelle more modificare la disposizione delle NN. TT. AA., che consentiva l’edificazione del progettato edificio di culto, come sarebbe dimostrato:

- dalla mancata applicazione al caso di specie della procedura accelerata, prevista per il rilascio della concessione edilizia, di cui all’art. 4 del D.L. 5.10.1993 n. 398, convertito con L. 4.12.1993 n. 493, nel testo introdotto dall’art. 2, 60° comma, della L. 29.11.1996 n. 669;

- in particolare per l’omesso intervento del parere della Commissione edilizia sulla domanda entro il 60° giorno dalla presentazione, a causa di una non prevista ed ingiustificata sospensione per la nomina della nuova Commissione;

- altresì per l’ingiustificato indugio di oltre tre mesi, dopo che detto parere è infine, ancorché tardivamente, intervenuto, per richiedere all’istante la dimostrazione della proprietà del terreno, provvedendo ad adottare la variante appena 4 giorni dopo detta richiesta.

2) Violazione dell’art. 35 della L.R. 19.11.1991 n. 52. Eccesso di potere per difetto di presupposto, di motivazione e sviamento.

Non sarebbe applicabile al progettato intervento edilizio la misura di salvaguardia impugnata, in quanto il nuovo testo dell’art. 8 delle NN. TT. AA., introdotto con l’adottata variante n. 7 al P.R.G.C., dal momento che disciplina la volumetria scomputabile, mentre nel caso in esame non sarebbe necessario alcuno scomputo di volume, non sarebbe ostativo alla realizzazione dell’edificio di culto sul terreno di proprietà della ricorrente, nei termini di cui al progetto allegato alla domanda di concessione, né vi sarebbe motivazione al riguardo, onde il rilascio del chiesto provvedimento autorizzatorio sarebbe doveroso.

3) Eccesso di potere per sviamento.

Qualora la menzionata disposizione normativa fosse ritenuta ostativa all’intervento programmato, se ne dovrebbe rilevare la volontaria introduzione al fine di renderlo irrealizzabile, per le ragioni già esposte col primo motivo.

4) Violazione dell’art. 41 della L.R. n. 52/91.

L’art. 8 delle NN. TT. AA., nel testo introdotto dall’impugnata variante, prevederebbe l’approvazione, da parte del Consiglio comunale dei progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico, mentre la norma in rubrica riserverebbe alla competenza dell’organo consiliare soltanto l’approvazione di progetti di opere pubbliche, che derogano ai parametri edilizi, stabiliti dal P.R.G.C., il che non è il caso dell’intervento, che ne occupa.


Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, controdeducendo.


Con il ricorso n. 682/98 si chiede l’annullamento della deliberazione di approvazione della variante n. 7 al P.R.G.C., deducendone l’illegittimità per violazione del D.M. 2.4.1968 ed eccesso di potere per perplessità, illogicità e difetto di motivazione, dal momento che l’art. 8 delle NN. TT. AA. potrebbe essere inteso sia come diretto ad escludere dal computo del volume edificabile per ciascuna zona il 25% della superficie utile di un edificio di interesse pubblico (a differenza della precedente formulazione, che avrebbe consentito di escludere l’intera volumetria) nel qual caso detta disposizione non sarebbe ostativa al rilascio della chiesta concessione, sia nel senso, fatto proprio dalla difesa del Comune, secondo cui in tal modo si intenderebbe limitare al 25% della superficie utile del singolo edificio residenziale l’utilizzo di interesse pubblico, rendendo la disposizione perplessa ed illogica, nonché deducendo altresì le censure già proposte con il quarto motivo di gravame del ricorso n. 189/98.


Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, controdeducendo.


Con ordinanza n. 100 del 16.7.2001 sono stati disposti incombenti istruttori a carico dell’amministrazione comunale, adempiuti.

La ricorrente ha ribadito il proprio assunto con memoria.


D I RI T T O


I ricorsi, in quanto connessi, vanno riuniti e contestualmente decisi.

Non sono fondati quei motivi (primo e terzo del ricorso n. 189/98) con cui si deduce lo sviamento di potere, perché non sono stati forniti gli stringenti supporti probatori, atti a sostenere una censura così grave, e perché gli elementi addotti, miranti a dimostrare la dolosa inosservanza dei termini procedimentali stabiliti dalla vigente normativa (peraltro inesattamente indicata) non tengono conto del fatto che, alla data (27.9.1997) dell’adozione dell’impugnata variante, l’associazione ricorrente non era ancora proprietaria (lo sarebbe divenuta il 14.11.1997) del terreno, su cui si proponeva di realizzare il progetto edilizio, oggetto di concessione, come ha documentato la difesa dell’amministrazione.

In ogni caso, pertanto, la sua domanda sarebbe incorsa nella misura di salvaguardia indipendentemente dalla maggiore o minore celerità con cui gli uffici comunali competenti hanno condotto l’istruttoria.

Il Collegio ritiene che logicamente e congiuntamente debbono essere presi in esame il secondo motivo del ricorso n. 189/98 e il primo motivo del ricorso n. 682/98, con cui si sostiene che la nuova formulazione dell’art. 8 delle NN. TT. AA., contenuta nel piano adottato e poi in quello approvato, in via principale andrebbe intesa nel senso di consentire il rilascio della concessione e in via subordinata sarebbe da annullare perché illogica e perplessa.

Esso ritiene di non condividere la prima delle anzidette censure.

Invero la disposizione si presta ad un’univoca interpretazione, nel senso che la normativa urbanistica preesistente (come risulta dal certificato di destinazione urbanistica) limitava al 25% della superficie utile tutti gli usi ammessi nella zona, tranne quelli relativi a residenza, depositi e garages, ed ora l’anzidetto limite è esteso agli edifici ad uso pubblico ed interesse pubblico, se vogliono beneficiare dello scomputo della volumetria previsto dall’art. 8 delle NN. TT. AA., riguardante la zona B residenziale di completamento.

In altri termini detti edifici, fra cui rientrano quelli di culto, di cui qui si controverte, o debbono rientrare nei limiti volumetrici derivanti dall’applicazione dell’indice di fabbricabilità di zona, oppure possono derogarvi se la destinazione ad uso pubblico o di interesse pubblico non oltrepassa il 25% dell’erigendo edificio.

Il Collegio pertanto condivide l’interpretazione della norma, data dalla difesa comunale nell’atto di costituzione, la quale osserva che il progetto, presentato dalla ricorrente “supera il limite del 25% di superficie utile … posto che, come si rileva agevolmente dal progetto … non è prevista, nella costruzione, alcuna porzione destinata a residenza”.

Così intesa la norma ne consegue che la domanda di concessione contrasta con la variante n. 7, che l’ha introdotta, e determina l’impossibilità di accoglierla e la necessaria applicazione delle misure di salvaguardia, indipendentemente dalle vicende dell’iter istruttorio, che avrebbero semmai potuto determinare un silenzio rifiuto dell’amministrazione.

Anche il quarto motivo di gravame del ricorso n. 189/98, reiterato anche nei confronti degli atti impugnati con il ricorso n. 682/98, non merita ingresso per palese difetto di interesse, potendo la ricorrente dolersi contro la parte della contestata disposizione, che affida al Consiglio comunale l’approvazione dei progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico solo dopo che gliene sarà derivata una lesione, ad esempio per la mancata approvazione del suo progetto ad opera di detto organo.

Tutte le censure del ricorso n. 189/98 risultano pertanto infondate o inammissibili.

Delle censure proposte con il ricorso n. 682/98 resta da esaminare soltanto quella che deduce l’illogicità, perplessità e difetto di motivazione dell’art. 8 delle NN. TT. AA., nella parte modificata con la variante n. 7 al P.R.G.C. approvata.

Essa è fondata.

Invero, come si è appena illustrato, detta disposizione impone che gli edifici destinati a uso pubblico o di interesse pubblico siano realizzati, nelle zone A e B, o rispettando l’indice di cubatura, che prevede la costruzione di 0,50 mc. per ogni mq. ovvero destinando a dette funzioni non più del 25% di un edificio a destinazione residenziale.

Non è chi non veda l’illogicità della normativa in questione, che pone gravi limiti alla stessa realizzazione delle opere di urbanizzazione, di cui all’art. 91 della L.R. n. 52/91, fra le quali si annoverano, oltre agli asili nido e alle scuole materne, alle scuole dell’obbligo, agli impianti sportivi e ai centri sociali, anche le chiese ed altri edifici religiosi, in quanto richiede che, in zona intensamente urbanizzata, con poca disponibilità di superfici libere, si rispettino rigorosamente i limiti volumetrici, con un basso indice di fabbricabilità, oppure si realizzino detti interventi solo come parte, non superiore nella superficie al 25%, dell’edificazione residenziale.

L’assurdità della disposizione risulta più evidente quando si pensa che essa dovrebbe venir applicata, in base alla normativa urbanistica vigente alla data della sua approvazione, alle stesse opere comunali, di cui all’art. 78 bis della L.R. n. 52/91, considerato che essa non regola la concessione edilizia, ma la volumetria comunque assentibile, e gli interventi da eseguirsi da amministrazioni diverse da quelle comunali, di cui al successivo art. 89, che entrambe si sostanziano normalmente in edifici destinati ad uso pubblico o di interesse pubblico, introducendo analoghe limitazioni alla loro realizzazione.

Dette limitazioni, in quanto introdotte per “integrare e meglio specificare alcune norme, che in sede di applicazione risultano presentare difficoltà interpretative” non meglio specificate, data invece la chiarezza dell’originaria formulazione dell’art. 8 delle NN. TT. AA. non appaiono corrispondere ad alcuna finalità di interesse pubblico, ma, come si è detto, ne ostacolano senza una ragione logica l’attuazione.

In considerazione pertanto di quanto finora esposto il ricorso n. 189/98 dev’essere rigettato, mentre va accolto in parte il ricorso n. 682/98 e, di conseguenza, dev’essere annullata la variante impugnata, nella parte in cui limita lo scomputo del volume destinato a edifici pubblici o di interesse pubblico dalla volumetria edificabile al solo caso in cui non più del 25% della superficie utile abbia questa destinazione.

Sussistono motivi per compensare le spese di giudizio fra le parti.


P. Q. M.


Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sui ricorsi in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, li riunisce, rigetta il ricorso n. 189/98 e accoglie, nella parte di cui in motivazione, il ricorso n. 682/98 e, di conseguenza, annulla in parte qua la deliberazione consiliare n. 36 del 28.5.1998 di approvazione della variante n. 7 al P.R.G.C.


Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 20 dicembre 2001.

Vincenzo Sammarco - Presidente

Enzo Di Sciascio – Estensore

Depositata nella segreteria del Tribunale

il 22 dicembre 2001



TP